La quieta serenità dell’equanimità è uno dei fattori chiave del sentiero di pratica buddhista. E’ l’ultimo della lista crescente dei Sette Fattori di Risveglio (bodhi-anga):
- perfetta consapevolezza (sati)
- perfetta analisi ed investigazione del Dharma (dhamma-vicaya)
- perfetto impegno o energia (viriya)
- perfetta gioia (piti)
- perfetta flessibilità o quiete (
- perfetta consapevolezza (sati)
- perfetta analisi ed investigazione del Dharma (dhamma-vicaya)
- perfetto impegno o energia (viriya)
- perfetta gioia (piti)
- perfetta flessibilità o quiete (passaddhi)
- perfetta stabilità meditativa (samadhi)
- perfetta equanimità (upekkha)
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- perfetta stabilità meditativa (samadhi)
- perfetta equanimità (upekkha)
E’ il quarto delle Quattro dimore divine, i quattro stati salutari della mente:
- gentilezza amorevole (mettā)
- compassione (karunā)
- gioia compartecipe (muditā)
- equanimità (upekkha)
e così continuando su molte altre liste.
Ajahn Sumedho la descrive così:
upekkhā: equanimità, serenità. Per essere in grado di rimanere nella serenità della mente, non stiamo andando in giro alla ricerca di cose belle per trovare piacere, perché non c’è sé. Voi rispondete alla bellezza con gioia, ma non è più qualcosa che cercate o cercate come persona. Quindi l’ordinarietà della vita è upekkhā, è serenità. Si tratta di avere pace con i dolori e i dolori del processo di invecchiamento e di separarsi dall’amato. Tutto questo è la realizzazione di upekkhā, di serenità.
Ajahn Sumedho. “Ajahn Sumedho Volume 3 – Direct Realization”
Upekkha non significa indifferenza. A volte si traduce come ‘indifferenza’ ma in realtà significa serenità quando le cose sono brutte, sgradevoli o ordinarie.
Ajahn Amaro ha scritto un volumetto esclusivamente sull’equanimità. In quel testo ci indica come possiamo usare la pratica di upekkha nella vita di tutti i giorni:
Direi che c’è un processo in tre parti da impiegare, momento per momento:
Ajahn Amaro, “Who is Pulling the Strings?”
1. Coltivare un’accettazione radicale (mettā) verso tutte le influenze che arrivano nel presente; accettare questa realtà presente a cuore aperto. Ciò significa accettare pienamente gli effetti di tutte le cause passate, siano esse fisiche, chimiche, biologiche, karmiche, psicologiche o spirituali.
2. Questa accettazione allora sboccia come l’atteggiamento di upekkhā – equilibrio mentale, serenità nella relazione con tutte le esperienze, sia i mondi interni che quelli esterni. Il cuore è in sintonia con la sua natura fondamentale, il Dhamma stesso, il principio integrativo che forma il tessuto della realtà. C’è apertura mentale, radicamento, equilibrio.
3. Su questa base, avendo accettato tutti quegli effetti vari con equanimità – che siano piacevoli dolorosi o neutri – per poi lavorare per piantare buone cause nel presente.
Concludiamo con una citazione di Ajahn Chah, che ci indica come sati-pañña, consapevolezza e saggezza, siano le chiavi per raggiungere la pace dell’equanimità:
Nel fare questi sforzi è importante non andare alla deriva nel punto di vista del sé: “Io che faccio qualcosa, per arrivare da qualche parte”, ma piuttosto lasciare che la pratica sia guidata dalla consapevolezza e dalla saggezza (Sati-paññā). Perché quando Sati-paññā è al posto di guida, allora la pratica è sempre in accordo con la realtà presente, con il Dhamma. […]
“The Collected Teachings of Ajahn Chah”’, Aruna Publications, 2011, p 485
Quando la mente è Dhamma, si ferma. Ha raggiunto la pace. Non c’è più bisogno di fare nulla di speciale, perché la mente è già Dhamma. L’esterno è il Dhamma, l’interno è il Dhamma. Colui che conosce è il Dhamma. Lo stato è il Dhamma e quello che conosce lo stato è il Dhamma. È uno. È gratuito.
Riflessioni di Dharma sull’equanimità
Nell’audio si possono ascoltare riflessioni su questi spunti e altro ancora.
Riflessioni di Dharma sull’equanimità registrate nel gruppo di meditazione di Terrapura il 12 marzo 2021.
Per ascoltare una meditazione sull’equanimità:
Per ascoltare delle riflessioni sugli otto dharma mondani:
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