Questa è la nona puntata dell’introduzione al Buddhismo: il Karma.
Precedenti puntate:
- Descrizione della serie
- Vita del Buddha
- Insegnamenti fondamentali
- Il Buddhismo, cosa si intende per esso, come si è diffuso in diverse tradizioni
- Sofferenza e felicità
- La meditazione
- L’etica e i cinque precetti
- La saggezza
Introduzione al Buddhismo: il Karma
Il termine in lingua Pāli kamma, ormai universalmente tradotto nella dizione sanscrita “karma”, significa letteralmente “azione”, e nel buddhismo si riferisce alle azioni fisiche, verbali e mentali intenzionali. Queste azioni vanno a modificare la nostra mente, ponendo dei semi e lasciando un’impronta che potrà in futuro avere un effetto sulle nostre ulteriori azioni, quando si verificano le condizioni appropriate. Ad esempio aiutare una persona in modo disinteressato porterà ad una apertura del cuore che ci permetterà di essere ancora più di aiuto in futuro e al tempo stesso di poter ricevere aiuto dalle altre persone. Al contrario, rifiutare di dare un aiuto avrà come effetto di nutrire i semi della diffidenza e della percezione della divisione tra noi e gli altri; in questo modo si nutre quell’isolamento che ci renderà più difficile aprire il cuore e più difficile riconoscere e accettare l’aiuto da parte di altre persone.
Quando agiamo, le nostre azioni hanno un effetto su di noi e su chi ci circonda in modi pressoché impossibili da determinare, in quanto la composizione dei risultati di tutte le nostre azioni passate contribuiscono al modo in cui si percepisce il mondo, alla nostre scelte presenti, creando i presupposti di risposte negli altri esseri senzienti che a loro volta riverbereranno nella nostra coscienza. Il karma è la composizione di tutti questi effetti, e non un processo rigido e meccanico.
Karma come processo
Osservando il karma come processo, possiamo vedere come esso abbia origine nella presenza dei Tre Veleni di attaccamento, avversione e illusione/ignoranza. È il processo descritto nei dodici anelli delle coproduzione condizionata, il paticca-samuppāda, in cui il karma è messo in gioco già dal primo anello, avijjā, l’ignoranza, producendo e condizionando i saṃkhāra, che significa “preparazione”, in questo caso da intendersi come latenti formazioni karmiche. Il processo messo in atto dal karma non termina con la morte della persona, ma continua ad agire proprio tramite i saṃkhāra, creando le condizioni per una nuova vita. È un tema così importante che il karma è il quinto delle cosiddette Cinque Rimembranze, cinque argomenti che il Buddha consiglia di ricordare ogni giorno:
Sono il proprietario delle mie azioni (kamma), l’erede delle mie azioni, sono nato dalle mie azioni, vincolato alle mie azioni, e ho le mie azioni per giudice. Qualunque cosa faccia, in bene o in male, è ciò che erediterò.
AN 5.57: Upajjhatthana Sutta – Argomenti di contemplazione
Entrando più in dettaglio, quando si parla di karma non ci si riferisce direttamente agli effetti, ma solo alle azioni con intenzione. Ad esempio, l’azione di donare ad un monastero avrà un effetto karmico totalmente diverso sulla persona nel caso in cui l’intenzione sia esclusivamente quella di supportare il Sangha o se invece lo si sta facendo per essere notato, primeggiare e sentirsi migliore delle altre persone.
Una volta che un’azione è compiuta, gli effetti derivano dalla maturazione del karma e vengono descritti come “frutti” o “risultati”, “conseguenze” del karma, kamma-phala o khamma-vipāka. Questi risultati saranno salutari, buoni e meritevoli, kusala, o non salutari, cattivi e dannosi, akusala.
Il karma darà frutti salutari o non salutari, ovvero rivolti verso la liberazione o verso ulteriore condizionamento. Liberarsi dal karma vuol dire liberarsi proprio da questi condizionamenti dati dai Tre Veleni, e possiamo ottenere questa liberazione percorrendo il Nobile Ottuplice Sentiero. Quando il Buddha dà una spiegazione profonda del Dhamma segue lo schema in quattro fasi con cui ha presentato la sofferenza, dukkha, indicando il karma come elemento essenziale della pratica:
Bisogna conoscere il Kamma. Bisogna conoscere l’origine del Kamma. Bisogna conoscere la diversità nel Kamma. Bisogna conoscere il risultato del Kamma. Bisogna conoscere la cessazione del Kamma. Bisogna conoscere la via di pratica che conduce alla cessazione del Kamma
AN 6.63: Nibbedhika Sutta – “Profonda”
Intenzionalità e libertà
Bisogna sottolineare che il karma non è sempre presente in ogni azione, ma soltanto in quelle intenzionali. In assenza di una intenzione (cetanā), non vi è registrazione nel nostro continuum mentale dei risultati di quelle azioni; è proprio l’intenzione, la volizione, che determina la qualità etica dell’azione. Ad esempio, se camminando calpestiamo e uccidiamo delle formiche senza che vi sia l’intenzione e senza notarlo, questo non avrà effetto sulla nostra mente, e non potrà quindi porre dei semi per le prossime azioni (naturalmente il fatto di essere così distratti avrà probabilmente dato luogo alla proliferazione mentale, papañca, la quale invece genera karma) ; se, al contrario, uccidiamo intenzionalmente delle formiche, questo andrà a nutrire i semi già presenti dell’uccisione, un comportamento decisamente non salutare, e ne porrà altri che andranno a influenzare la nostra vita.
Agire sotto l’influsso del karma è limitare la propria libertà, poiché agiscono dei condizionamenti, non sempre a livello cosciente. Poiché il futuro è determinato dagli effetti del karma, si può dire che tramite il karma si manifesta il divenire, ne è l’energia che ne permette il movimento. Nelle parole del Buddha:
Il Ven. Ananda si recò dal Beato e, dopo averlo salutato con rispetto, si sedette a lato. Lì seduto, disse al Beato: “Signore, questa parola, ‘divenire, divenire’ – fino a che punto vi è il divenire?”
“Ananda, se non ci fosse il kamma che matura nella sfera della sensualità, il divenire della sensualità sarebbe percepito?”
“No, signore.”
“Il kamma è il campo, la coscienza il seme e la brama l’irrigazione. L’intenzione e l’aspirazione degli esseri viventi ostacolate dall’ignoranza e vincolate alla brama sono stabilite / connesse ad una sfera inferiore. Così vi è la realizzazione di un rinnovato divenire nel futuro.
Se non ci fosse il kamma che matura nella sfera della forma, il divenire della forma sarebbe percepito?”
“No, signore.”
“Il kamma è il campo, la coscienza il seme e la brama l’irrigazione. L’intenzione e l’aspirazione degli esseri viventi ostacolate dall’ignoranza e vincolate alla brama sono stabilite / connesse ad una proprietà media. Così vi è la realizzazione di un rinnovato divenire nel futuro.
Se non ci fosse il kamma che matura nella sfera della non-forma, il divenire della non-forma sarebbe percepito?”
“No, signore.”
“Il kamma è il campo, la coscienza il seme e la brama l’irrigazione. L’intenzione e l’aspirazione degli esseri viventi ostacolate dall’ignoranza e vincolate alla brama sono stabilite / connesse ad una proprietà definita. Così vi è la realizzazione di un rinnovato divenire nel futuro.
Ecco come vi è il divenire.”
AN 3.77: Dutiyabhava Sutta – Il divenire
Un essere pienamente illuminato, un Arahant, non accumula karma perché è libero dalla falsa idea del sé, libero dall’attaccamento al divenire, libero dalle contaminazioni (kilesa). Avendo estinto il karma, non vi sarà divenire e nemmeno rinascita: si sarà compiuta la vita santa, si sarà raggiunto il nibbāna. L’illuminato sperimenterà comunque i frutti del karma pregresso, che si dissolveranno soltanto al momento della propria morte, ragione per cui questa viene chiamata parinibbāna, il nibbāna completo. Ad esempio, il brigante Aṅgulimāla dopo aver ucciso centinaia di persone raggiunse l’illuminazione ma dopo di questa fu ferito a morte dai parenti delle sue vittime, come risultato delle sue azioni precedenti. Lo stesso Buddha in vita sperimentò la calunnia e addirittura di tentativi di uccisione.
Diviene così chiaro che il karma non ha nulla a che fare con la “giustizia cosmica” o il principio di “ricompensa e punizione” con cui spesso viene confuso. La legge del karma, kammaniyāma, è una legge naturale, non legata agli dei o al destino. Agisce perché ogni azione porta in sé i frutti che erano già insiti nella sua scelta.
Agire sul karma
Per interrompere questo divenire forzato si potrà agire proprio sul karma: non innaffiando i semi che conducono a stati mentali e azioni non salutari, non ponendo nuovi semi, nulla crescerà, non vi sarà ulteriore divenire e si sperimenterà la libertà dell’agire in modo incondizionato, l’agire degli illuminati che non produce ulteriore karma. Come dice il Buddha:
Una persona potrebbe fare del male:
faccia in modo da non ripeterlo!
Non ne sviluppi l’inclinazione!
La sofferenza è l’accumulo del male.Una persona potrebbe fare del bene:
Dhammapada, strofe 117 e 118
faccia in modo da ripeterlo!
Ne sviluppi il desiderio!
La felicità è l’accumulo del bene.
Per arrivare a questo, si potrà usare il karma a nostro beneficio, comprendendo meglio i diversi tipi di azioni: un’azione viene considerata non salutare (akusala), se a lungo termine produce sofferenza; se invece produce libertà e felicità è considerata salutare (kusala). Le azioni in sé non hanno quindi una connotazione etica, ma vengono classificate sulla base dei risultati prodotti. Si potrà usare la guida dei Cinque Precetti per identificare se un’azione è di per sé salutare o meno, rifiutando di uccidere, di mentire, di prendere ciò che non è stato liberamente, di avere una scorretta condotta sessuale o di assumere sostanze intossicanti che riducono la consapevolezza.
Sebbene in presenza del karma si rimanga sempre nel samsāra, riconoscendone la natura di condizionamento si può operare per trascenderlo. Agire compiendo azioni non salutari non porterà mai all’estinzione del karma, alla libertà dell’agire incondizionato, in quanto ogni azione condizionata darà luogo ad ulteriori azioni condizionate. Scegliendo invece intenzionalmente di compiere azioni permeate da un’intenzione salutare, si creerà un karma che porterà sempre più in noi libertà e felicità, per quanto ancora condizionata. Portando libertà, questo karma si estinguerà nel tempo. È come quando si pulisce un campo dalle erbacce dandogli fuoco: quando saranno tutte bruciate il fuoco si estinguerà da solo, portando al nirodha, all’estinzione, che avverrà totalmente nel momento in cui si farà spazio la saggezza, paññā, raggiunta tramite la Retta Visione, sammā diṭṭhi, ovvero la comprensione delle Quattro Nobili Verità del dolore, della sua origine legata ai Tre Veleni (attaccamento, avversione e illusione), della sua estinzione tramite l’abbandono dei Tre Veleni, del Nobile Ottuplice Sentiero con cui si potranno abbandonare i Tre Veleni, e la comprensione del non-sé, anattā, e dell’impermanenza, aniccā. La piena comprensione la si ottiene comprendendo il vuoto, suññata, la sostanziale interdipendenza di tutte le cose.
Il Buddha descrive questo processo con precisione:
Ogni azione eseguita con avidità, nata dall’avidità, causata dall’avidità, originata dall’avidità: Ovunque la propria individualità [Atta-bhāva] si presenta, è là che l’azione maturerà. Dove questa azione matura, si sperimenterà il suo frutto, sia in questa stessa vita che è sorta o più avanti nella sequenza.
[il testo si ripete similmente per avversione e illusione]
Ogni azione eseguita in assenza di avidità, nata in assenza di avidità, causata dall’assenza di avidità, originata dall’assenza di avidità: quando l’avidità è andata, quell’azione è così abbandonata, la sua radice distrutta, fatta come un ceppo di palma, priva delle condizioni di sviluppo, non destinata a sorgere in futuro.
[il testo si ripete similmente per avversione e illusione]
È proprio come quando i semi non sono rotti, non sono marci, non sono danneggiati dal vento e dal calore, sono in grado di germogliare, ben sepolti, piantati in un terreno ben preparato, e un uomo invece li bruciasse con il fuoco e, bruciandoli con il fuoco, li trasformasse in cenere fine. Dopo averli trasformati in cenere fine, li facesse spulare lanciandoli in un forte vento o li lavasse in un flusso d’acqua veloce. Quei semi sarebbero così distrutti alla radice, fatti come un ceppo di palma, privi delle condizioni di sviluppo, non destinati a sorgere in futuro.
Allo stesso modo, qualsiasi azione eseguita in assenza di attaccamento, eseguita in assenza di avversione, eseguita in assenza di illusione, nata dall’assenza di illusione, causata dall’assenza di illusione, originata dall’assenza di illusione: quando l’illusione è andata, quell’azione è così abbandonata, la sua radice distrutta, fatta come un ceppo di palma, priva delle condizioni di sviluppo, non destinata a sorgere in futuro.
Nidāna Sutta, An 3.34
Libertà
Con la pratica, possiamo agire sul nostro karma. Attraverso la consapevolezza, possiamo comprendere gli effetti e la natura delle azioni e mettere dello spazio tra la decisione dell’azione e l’esecuzione dell’azione stessa, e quando si riscontrerà che quell’azione non è salutare si potrà evitare di farla. Ad esempio, quando una persona ci insulta, potremmo avere il desiderio di colpire quella persona, ma riconoscendo che questa è un’azione non salutare, potremo decidere di compiere invece un’azione salutare, ad esempio sviluppando un senso di gentilezza amorevole verso quella persona.
Questo è un aspetto particolarmente importante: anche se abbiamo sviluppato un karma particolarmente condizionante, questo potrà essere totalmente reciso, abbandonato nel momento in cui sarà la chiara saggezza del Dharma a guidarci. Questo processo può essere istantaneo, ma possiamo favorirlo tramite la pratica della moralità, della meditazione e della saggezza, di silā, samādhi e paññā.
I semi dei risultati karmici non salutari si possono indebolire evitando di continuare con quelle azioni che li hanno generati e scegliendo azioni salutari. Nei trattati dell’Abhidhamma, il karma viene diviso in quattro categorie rispetto alle funzioni:
- Karma produttivo: sono le volizioni salutari e non salutari che producono i risultanti stati mentali e la materialità della rinascita.
- Karma di supporto, che assiste il karma già manifestato anche se di suo non può produrre risultati.
- Karma ostruttivo: che blocca e impedisce il pieno dispiegamento del karma già manifestato anche se di suo non può produrre risultati.
- Karma distruttivo: è un tipo di karma salutare e non salutare che soppianta altri karma più deboli, impedendogli di maturare, producendo invece i suoi propri risultati.
Riconoscendo questi tipi di karma possiamo operare per interrompere del tutto la catena del karma, trovando la liberazione qui e ora!

Riferimenti
“A comprehensive Manual of Abhidhamma”, Bhikkhu Bodhi, 2012, BPS Paiyatti Editions.
Dutiyabhava Sutta, AN 3.77, “Il divenire”, in italiano https://www.canonepali.net/an-3-77-dutiyabhava-sutta-il-divenire-2/, traduzione in Inglese dalla versione Pâli di Thanissaro Bhikkhu, tradotto in italiano da Enzo Alfano.
“Kamma and the end of Kamma”, 2nd edition, Ajahn Sucitto, 2021, Amaravati Publications, https://forestsangha.org/teachings/books/kamma-and-the-end-of-kamma-2nd-edition?language=English
“Il Dhammapada. Sulle tracce del Buddha”, a cura di Francesco Sferra, 2021, Ubiliber.
Nibbedhika Sutta, AN 6.63, “Profonda”, https://www.canonepali.net/an-6-63-nibbedhika-sutta-profonda/
Nidāna Sutta, AN 3.34, traduzione da Thanissaro Bhikkhu, https://www.dhammatalks.org/suttas/AN/AN3_34.html
Upajjhatthana Sutta, AN 5.57, “Argomenti di contemplazione”, https://www.canonepali.net/an-5-57-upajjhatthana-sutta-argomenti-di-contemplazione/ Traduzione in Inglese dalla versione Pali di Thanissaro Bhikkhu. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.
La musica che fa da sfondo a “Introduzione al Buddhismo – Vita del Buddha” è dell’album “Fragments of lights” di Siddharta Corsus.
Foto di copertina di Wang Junyi
Ogni settimana si incontra on-line il gruppo di meditazione di Terrapura, dove è possibile ascoltare meditazioni guidate e approfondire queste tematiche.