A che serve meditare?
A cosa serve davvero la meditazione? La pratica formale della mediazione, quando esplicitamente ci poniamo a meditare, da seduti, da sdraiati, camminando, è un allenamento della nostra mente in modo che diventi sempre più sveglia, sempre più attenta a riconoscere i meccanismi interni che ci possono condurre verso il benessere o far ripetere continuamente dei percorsi che portano all’insoddisfazione e al dolore.
La pratica formale punta quindi a sviluppare una pratica informale, consapevolezza di ogni momento della nostra vita, da vivere appieno, pienamente vivi.
Ma per questo serve una specifica pratica? In realtà no, non c’è una pratica che ci possa risolvere i problemi. E’ la nostra responsabilità quella di rimanere consapevoli nelle attività di tutti giorni, vivendo semplicemente, con naturalezza, osservando la mente e il corpo. Il rischio è infatti quello di meditare per diventare qualcos’altro, volendo cambiare qualcosa, raggiungere qualche stato estatico, volendo “fare” la “meditazione perfetta”. Questo non fa altro che aggiungere impedimenti alla calma interiore, portando la fatica del fare anche nei momenti meditativi. Nelle parole del Ven. Ajahn Sumedho:

La parola “meditazione” copre molti diversi tipi di esperienze mentali. L’obiettivo della meditazione buddista è vedere le cose come sono; è uno stato di attenzione risvegliata. Questa è una cosa molto semplice da fare; non è complicato o difficile o qualcosa che richiede anni per essere realizzato. È così facile che non te ne accorgi nemmeno. Quando dici: “Devi praticare la meditazione”, lo concepisci come qualcosa che devi raggiungere: devi sottomettere le tue contaminazioni, controllare le tue emozioni e sviluppare virtù per raggiungere una sorta di stato mentale ideale. Sembra molto remoto e lontano da ciò che possiamo aspettarci nella nostra vita come esseri umani.
Ajahn Sumedho
Quello che dobbiamo sviluppare è la sensibilità di ciò che ci porta beneficio, libertà e ciò che invece ci aumenta il senso di disagio e stress. Per meditare in questo modo è necessario sviluppare un senso di calma interiore, avere un luogo in cui prendere rifugio, di calma stabile. Come racconta ancora Ajahn Sumedho:
Sviluppare la sensibilità con la meditazione
Ajahn Chah chiamava la meditazione una vacanza per il cuore. Abbiamo la tendenza a pensare che la meditazione sia qualcosa che dobbiamo ottenere, un’altra cosa che dobbiamo fare e ottenere, ma Ajahn Chah la metterebbe in termini di vacanza. Prova, prova a vedere la meditazione in quel modo.
Ajahn Sumedho
Rilassandoci al momento presente, con vigilanza, ponendo la giusta attenzione, senza essere troppo tesi né volendo lasciarci andare senza coscienza, possiamo essere aperti a questo momento presente in modo rilassato. Questo ci permetterà naturalmente, senza nemmeno volerlo ottenere, di lasciar andare pian piano la presa, lasciando spazio ad una saggezza interiore che si presenterà da sola. Per questo possiamo provare questa meditazione per sviluppare la sensibilità
Meditazione guidata registrata nel gruppo di meditazione il giorno 11 dicembre 2020.
Qui su Terrapura c’è un podcast dove puoi ascoltare delle riflessioni di Dharma sulla Retta Visione.
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