Ogni mese il gruppo di meditazione di Terrapura offre un incontro con un monaco, una monaca o un insegnante di Dharma; questo mese abbiamo avuto con noi il Prof. Antonino Raffone, luminare e professore di Mindfulness alla Facoltà di Medicina e Psicologia di Roma “Sapienza” nonché direttore del Master di secondo livello in “Mindfulness: pratica, clinica e neuroscienze” e del corso di alta formazione “Compassione: pratiche, applicazioni e neuroscienze” (altre informazioni sul post di invito).
Il tema che è stato trattato è quello della neuroscienza della meditazione, declinato in modo particolare sulla percezione del dolore, a partire dal Sutta del Buddha sulla seconda freccia, il Sallatha Sutta.
La doppia freccia del dolore
Il Sutta della seconda freccia insegna come chi non è addestrato al dolore aggiunga spesso la sofferenza, mentre chi è addestrato proverà il dolore fisico senza aggiungere ulteriore sofferenza. Si potrebbe dire che il dolore è inevitabile, mentre la sofferenza è opzionale! Leggiamo direttamente il testo del Sutta:
“Quando una persona ordinaria senza istruzione prova una sensazione dolorosa, si lamenta, è triste, si percuote il petto e si angoscia. Perchè prova due dolori, quello fisico e mentale. E’ come se si tirasse una freccia ad un uomo, e dopo, ancora un’altra, così proverebbe il dolore di due frecce. Allo stesso modo, quando si prova una sensazione dolorosa, la persona ordinaria senza istruzione si lamenta, è triste, si percuote il petto e si angoscia. Prova due dolori, quello fisico e quello mentale.
Sallatha Sutta, SN 36.6
[…]
“Invece, il discepolo istruito dalle nobili persone, quando prova una sensazione di dolore, non si lamenta e non si percuote il petto, né si spaventa. Prova un dolore fisico, non mentale. Come se si tirasse una sola freccia ad un uomo, e non due. Allo stesso modo, quando prova delle sensazione dolorose, il discepolo istruito dalle nobili persone non si lamenta e non si percuote il petto, né si spaventa. Prova un dolore fisico, non mentale.
Neuroscienza della meditazione
Come il Prof. Raffone ci spiega, questa visione del Buddha è stata riscontrata anche nella moderna medicina, per cui il dolore non è più una esperienza inevitabile che arriva dai sensi, ma può essere modulata dal cervello sulla base delle esperienze precedenti, le aspettative, lo stato d’animo, la neurochimica, la genetica, aspetti periferici e locali, come mostrato in figura.

Il Prof. Raffone ci ha quindi esposto degli studi anche recenti sulla percezione del dolore con esperimenti fatti con i monaci e le monache dei monasteri di Santacittarama e Amaravati, in quanto meditatori esperti. Esperimenti sui diversi tipi di meditazione sulla percezione del dolore hanno permesso di vedere come le meditazioni di concentrazione (samatha), di apertura all’esperienza (vipassana), di gentilezza amorevole (metta) influiscono la percezione del dolore, confrontate anche con uno stato di riposto (rest).

Molto altro si potrebbe dire, ma perché non ascoltare direttamente le parole del Prof. Raffone sulla neuroscienza della meditazione? Alla fine ci sono numerose domande con risposte estremamente profonde ed utili.
Buon ascolto e al prossimo incontro mensile!
Intervento registrato nel gruppo di meditazione di Terrapura il 12 febbraio 2021.