Sono tornato a scrivere per partecipare alla competizione di Minuti Contati di maggio 2020, dove è stato proposto un tema, “Fine di un’era” sulla cui base scrivere un racconto breve.
Fine di un’era
Si lava le mani e poi il viso. Davanti allo specchio, R. assapora fino in fondo il piacere dell’acqua sulla pelle, il gusto dell’asciugamani ruvido, quell’odore di tessuto invecchiato.
Rimane a guardarsi nello specchio, a scrutare dentro l’immagine per vedere se è cambiato qualcosa, se forse è già cambiato qualcosa. Ma no, è tutto perfetto proprio così: R. si sente pieno di energia, le mani instancabili, sta proprio bene; ma il sorriso non ce la fa, si stacca, diventa un ghigno, lo stomaco si blocca, i muscoli si tendono in un attimo e l’attimo dopo un pugno sul vetro, a cancellare l’immagine, a far trionfare la sua volontà, a dire a sé prima che al mondo chi è veramente lui, cos’è che veramente lo fa vivere. E intanto guarda l’acqua arrossarsi di sangue, un vortice nel lavandino, goccia dopo goccia e il cerchio diventa spirale, dolore su dolore a far passare la paura che sia l’ultima volta, che poi diventerà un fantoccio, un non-uomo.
La moglie, L., sta sulla porta, spaventata, abituata. Spera solo di farcela fino a domani, quando tutto cambierà, quando forse potrà essere libera.
“Ti sei fatto male? Ti posso aiutare?”.
“Vattene, che questa sera non è aria. Rischi di brutto.”, e per rendere vera la frase in un lampo le si avvicina e le molla uno schiaffo. L. sbatte la testa, si sente svenire ma riesce a sentire ancora l’altro schiaffo. Fa appena a tempo a pensare che va bene così, che è l’ultimo giorno…
R. la scavalca, non ce la fa più a vedere quella casa, quella stupida! Non ce la fa più nemmeno a vedersi, sapendo che tra poco non sarà più lui. Che schifo: castrato della sua energia, della sua vitalità!
Esce fuori, nella strada c’è solo un vento di scirocco, una luna enorme dietro i palazzi: domani sarà piena, mentre lui sarà vuoto. Non è bastato sopravvivere ai virus, non è bastato sterminare tutti i gatti perché i loro graffi avevano iniziato ad uccidere, facendo gonfiare la carne fino ad esplodere. Certo che no, non si potevano fermare! Un vaccino qua, un vaccino là… hanno preso il vizio, non si cura tutto con un vaccino?
E intanto è arrivato al centro della città; qui c’è altra gente, tutti uomini, tutti con la stessa espressione incattivita, non viene voglia di parlarci se non per fare a botte, per sfogarsi un po’. R. sta andando contro un vecchio istupidito dall’alcol quando una luce lo colora di blu: un’auto della polizia.
“Rientrate a casa! Aspettate domani il vaccino a casa! Chi sarà per strada tra 10 minuti sarà arrestato!”.
Certo, aspettare il vaccino… su un muro, un manifesto promette la fine di un’era, da domani vivremo tutti nell’eden, senza più rabbia, senza più ira. Non ci arrabbieremo più, non picchieremo più nessuno.
A leggere quel manifesto, R. inizia ad urlare: domani sarà la fine dell’umanità, sarà la sua fine – come governerà la moglie? Dove troverà la forza di andare avanti? Come potrà sopportare quel dolore che sente nel suo cuore senza la rabbia, quella rabbia che gli fa compagnia da sempre?
Mentre urlava così al mondo, vede che un poliziotto osservarlo, portare esitante la mano alla pistola e poi alzarla velocemente contro di lui. Un impatto potente, poi il nulla, il proiettile a suggello della sua vita.
*
La mattina dopo, la moglie si sveglia, piena di lividi. Guarda il sole coperto dalla nube del vaccino, e sorride.